ElleDecor – The curatorialist: la bellezza antica dei quadri di Roberto de Pinto

Di Maria Chiara Valacchi

Come in un frame di una scena neorealista, nei quadri di Roberto de Pinto vive la sublimazione di una bellezza antica ma, al posto del bianco e nero, tutto è come filtrato da una lente dai toni ocra-ambrato; una scelta che trova la sua naturale genesi nel calore della sua terra natia, la Puglia, che continua ad essere parte di se anche a Milano, città dove lavora oramai da sette anni e dove ha frequentato l’Accademia di Brera. Tutto nel suo mondo tende ad una placida naturalezza, come d’altronde la stessa che lo ha indirizzato a scegliere il linguaggio pittorico e che lo indirizza ogni giorno verso composizioni costruite spontaneamente, risolvendola in una continua ri-modulazione del corpo, quello maschile in generale – e il suo in particolare, come se fosse un suo alter-ego – modello a lui troppo vicino per ignorarlo e non manipolarlo. Close-up di volti dalle mascelle volitive, barbe, petti ornati da collanine dorate e pelli bronzate dal sole ed ancora trame di ombre vegetali che si proiettano su volumetrie che tendono alla bidimensionalità e che sembrano attingere alle sperimentazioni di alcuni maestri di primo novecento sedotti dall’arte africana o arcaica. Come delle marionette di carta le figure che abitano la tela si accostano e si sovrapongono come appiattite tra loro, fendute solo da bagliori, riverberi di acqua cristallina o immerse tra sparute vegetazioni, che, con i loro stralci di luci ed ombre, accarezzano le figure conferendogli corpo e profondità, facendo sprofondare lo spettatore in visioni di piena estate. Dentro ogni suo lavoro e in questi ambigui individui c’è infatti il calore del mediterraneo e le atmosfere di una solitudine tipica delle atmosfere del sud; la sua tecnica ad encausto – che richiama i disegni preparatori risolti a pastello – contribuisce ad amplificare questa sensualità, calda e avvolgente, inducendoci a voler desiderare di entrare con il nostro sguardo in questo spazio-tempo lento e primitivo.



La parola all’artista, Roberto de Pinto

Quando hai deciso di diventare un’artista e perché, tra i molteplici linguaggi, hai scelto la pittura?

Non c’è stato un momento in cui ho deciso di fare l’artista, come non ho scelto la pittura tra i linguaggi. A mio parere sono cose che non si decidono, vengono da sé in maniera del tutto naturale in base alla propria attitudine e alle propensioni di ognuno: io mi sono sempre trovato a mio agio con una matita o un pennello tra le mani. Probabilmente, se mi fossi trovato altrettanto comodo con uno scalpello sarei diventato scultore, o se fossi stato bravo con le parole magari avrei fatto l’avvocato.

Hai frequentato delle scuole che hanno favorito questa carriera?

Dopo aver completato i cinque anni di liceo scientifico a malavoglia, risultati però sicuramente utili ad alimentare una successiva voglia di fare, mi sono iscritto all’accademia di Belle Arti di Brera, dove ho trovato professori validi per la mia formazione. Tra tutti Marco Cingolani alla cattedra di pittura che è stato fondamentale per me e la mia crescita.

Esiste nel tuo processo artistico una fonte di ispirazione prevalente? e come questa si traduce nelle tue tele?

Al centro di ogni mio quadro c’è un corpo: il mio o quello di altri, o meglio l’idea che ho di esso. Sono quadri che invento, non ci sono immagini da riprodurre ma composizioni da costruire con elementi tradotti in un mio personale linguaggio. Ogni corpo e ogni elemento comunque ha a che fare con un ricordo e un immaginario “mediterraneo” risalente alle mie origini pugliesi.


La parola al gallerista, Matthew Noble

Come hai conosciuto il lavoro di Roberto de Pinto?

Ho conosciuto Roberto e il suo lavoro più o meno nello stesso periodo in cui stavo immaginando di intraprendere quest’avventura, aprendo la mia galleria, verso la fine del 2020. Come tutti gli incontri speciali è stato molto spontaneo, naturale, poiché l’ho conosciuto casualmente tramite Emilio Gola, uno dei tre artisti con i quali Roberto condivide tuttora lo studio: rivedendo Emilio dopo tanto tempo, e scoprendo che era pittore, un giorno, incuriosito, sono andato a trovarlo in studio dove di conseguenza ho conosciuto anche Roberto.

Quali i motivi che ti hanno spinto a rappresentarlo?

Mi sono avvicinato di più a Roberto durante il secondo “studio visit”, nel quale rispetto al primo, di pura conoscenza, mi ha mostrato dei lavori di grande dimensione dei quali mi sono subito innamorato. Col tempo ho avuto modo di conoscere meglio Roberto come persona e, oltre a comprendere meglio le sue opere, anche la stima nei suoi confronti è cresciuta. Come con tutti gli artisti che rappresento, ovviamente oltre all’impeccabile risultato professionale, do molto peso al rapporto umano che si costruisce insieme, basato principalmente su fiducia e stima reciproca. Inoltre trovo che Roberto, nonostante la giovane età, sia un artista di grande spessore. Per non parlare poi dei suoi lavori: sensuali, carnali, assolati, contemporanei nel loro essere eppure così evocativi e arcaici. Chiunque abbia avuto l’occasione di vederli dal vivo probabilmente avrà avuto le stesse sensazioni che sento io quando mi ritrovo ogni volta a rimirarli.

Spiegaci perché investire sulla sua opera

Trovo che Roberto de Pinto oggi sia uno dei giovani pittori italiani più interessanti (e direi lo sarà anche nel futuro!). Nonostante si sia laureato poco più di 1 anno fa all’Accademia delle belle arti di Brera, la maturità del suo lavoro è già all’altezza di artisti più noti dal talento consolidato. Il fascino della tecnica, l’attrattiva dei soggetti rappresentati, sono solo alcuni dei suoi punti di forza.

Le gallerie indiscutibilmente influenzano le carriere degli artisti; qual è il lavoro specifico che stai facendo su di lui?

Con Roberto, insieme agli artisti Martina Cassatella e Emilio Gola, ho inaugurato in galleria a metà settembre una mostra collettiva curata da Antonio Grulli. Oltre a questo, avrò occasione di presentare il lavoro di tutti e tre nelle prossime settimane, ad ArtVerona nella sezione Introduction. Volevo presentare in fiera un piccolissimo assaggio della mostra in galleria che sta dando enormi soddisfazioni. Inoltre, il lavoro del gallerista é quello di confrontarsi in maniera costante con gli artisti, supportare le loro esigenze e i loro pensieri, e proteggere la loro pratica. In questo momento bolle molto in pentola, ma é ancora troppo presto per annunciare i prossimi progetti.


La parola al collezionista, Diego Bergamaschi

Come sei venuto a conoscenza del lavoro di Roberto De Pinto?

Mi sono imbattuto nella ricerca pittorica di Roberto più di due anni fa grazie all’invito di una curatrice che mi aveva organizzato una studio visit a Milano nello studio che Roberto condivide con altri giovani artisti. Da allora lo seguo con grande attenzione.

Perché hai deciso di acquistare una sua opera?

Sin da subito mi aveva colpito l’originalità del suo immaginario naturalmente corroborata da un’ottima tecnica pittorica. Aggiungo non da ultimo che anche il colloquio con Roberto in quella prima visita e i contatti avuti successivamente mi avevano convinto della sua serietà e della sua ferma ma pacata determinazione come artista. L’acquisto è arrivato due anni e passa dopo il primo contatto come spesso mi capita ma mi ha permesso di acquisire un’opera che ritengo estremamente rappresentativa della ricerca complessiva dell’artista

In che modo si inserisce il lavoro di De Pinto nella tua collezione?

La cosa divertente è che la mia collezione era quasi del tutto priva di opere pittoriche in senso stretto ma negli ultimi 4/5 anni le nuove generazioni di artisti mi hanno trascinato nuovamente a riscoprire questo medium che avevo, lo ammetto, un po’ snobbato nel corso della mia attività collezionistica. Quindi per rispondere, l’opera di Roberto si inserisce perfettamente in questa parte della collezione che guarda con estrema attenzione alle nuove tendenze, perlopiù pittoriche e figurative con un immaginario estremamente interessante e a mio avviso specchio dell’attitudine di una generazione che legge il mondo che ci circonda con grande sensibilità e lo rappresenta in modalità naif o ancor meglio surreale quasi a volerlo esorcizzare.

Cosa prevale, nel tuo caso, nella scelta di un giovane artista: pura vocazione mecenatistica o un progetto di investimento a più largo spettro?

La vocazione mecenatistica è notevole da diversi anni, trovo tanta qualità nei giovani italiani e sento l’esigenza di sostenere il loro mondo conscio che la loro visione sia utile a tutti non solo agli appassionati o agli addetti ai lavori. Certamente in termini di investimento la mia vocazione a dialogare con i ragazzi all’esordio di carriera mi ha permesso a volte di acquisire opere a prezzi nettamente diversi da quelli che gli stessi artisti poi assumono quando la loro carriera si avvia nei tradizionali percorsi del mercato dell’arte

Pensi che il sistema dell’arte, quello italiano in particolare, dovrebbe fare di più per sostenere i giovani?

Assolutamente SI. Il nostro sistema dell’arte ha delle eccellenze spendibili a livello internazionale a tutti i livelli, galleristico, editoriale , manageriale e curatoriale … si fa ancora troppo poco , a mio avviso è ancora diffusa tra i giovani addetti ai lavori la percezione, a mio avviso autolesionista, che l’esterofilia acceleri i percorsi di carriera. tempo fa ho definito il collezionare arte giovane italiana un’azione per metà poetica e per metà politica nel senso altro del termine . Mi piacerebbe che in futuro una percentuale rilevante diventasse quella di buon investimento non solo culturale ma anche economico.


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