Il sole 24 ore – non c’e immunità senza comunità
Di Pietro del Soldà
Di Pietro del Soldà
Di Annika Pettini
Negli ultimi mesi abbiamo raggiunto uno stato emotivo incredibilmente instabile: siamo strattonati da ogni parte – reattività, stanchezza, desolazione, rabbia, euforia primaverile, consapevolezza, negazione, confusione, determinazione. La nostra vita lavorativa, sociale, privata, è diventata, se possibile, ancora più complessa.
E in ultimo si è aggiunto il dilemma morale sul continuare ad andare avanti o fermarsi a riflettere e ascoltare. Entrambe posizioni corrette in realtà, che non necessitano del giudizio di nessuno ma della coesistenza. Tant’è che stiamo per aprire qui il vaso di Pandora: sapevamo che il panorama culturale di Milano a un certo punto sarebbe esploso, ma la situazione è davvero “euforica”!
Con l’avvicinarsi dell’art week di inizio aprile, tutto e tutti si stanno scrollando la polvere, liberando dei progetti a mezza voce e diamine, lucidando il vocabolario da jet set dell’arte. Abbiamo bisogno di sentirci vivi, di attingere a ogni senso di comunità, bellezza e condivisione di cui siamo capaci, di ridare all’arte i suoi poteri e lasciarci nutrire.
Quindi, mentre le gallerie e miart iniziano a scaldare i motori, ecco una prima selezione di eventi, mostre, incontri, di questo marzo rovente (e ci godiamo anche il sole anche se sappiamo che è figlio del cambiamento climatico!).
READ FULL ARTICLE
Di Danilo Signorello
La prima personale dell’artista, curata da Piergiorgio Caserini, nella galleria di via Ponte di Legno 9. Fino al 29 aprile 2022.
Miraggio è l’illusione ottica che sfuma nell’allucinazione, nella visione. Spesso prende forma e colore di una prospettiva tanto allettante quanto fallace: il miraggio per eccellenza è quello dell’acqua nel deserto. Un’illusione ottica naturale che si verifica quando i raggi del sole incontrano uno strato d’aria più caldo rispetto agli strati sovrastanti più freddi e più densi. Ecco, allora, che nel deserto compare al suolo un lago che altro non è che il riflesso del cielo, mentre sull’asfalto si ha l’impressione di scorgere chiazze liquide in cui si specchiano le auto in arrivo senza che ci sia una goccia d’acqua. E’ il miraggio inferiore.
“Un miraggio inferiore è l’asfalto che beccheggia come fosse mare. E’ un effetto del caldo, dell’umidità e della lontananza, una strana inflessione del sopra sul sotto che chiunque conosce bene, soprattutto chi è avvezzo ai paesaggi infinitamente lunghi e agli orizzonti in cui lo sguardo si sbaraglia tanto che è soltanto possibile seguire le cose sparire. Parliamo ovviamente della pianura: padana ed emiliana. Sono paesaggi che hanno la peculiarità di sollecitare l’osservatore a esercitare continuamente uno sguardo al lontano, a ciò che scompare e a ciò che soltanto camminando compare, e qui si vive d’opposti: la nebbia è il massimo ripiego, dove casomai le cose più che scomparire compaiono all’improvviso. Insomma, gli spazi bislunghi e apparentemente infiniti facilitano il miraggio, che sia inferiore o superiore: che sia il cielo a far vibrare l’asfalto e la terra, o che siano le montagne a scomparire sotto l’orizzonte”, spiega Piergiorgio Caserini, curatore della mostra presso ArtNoble in via Ponte di Legno 9 a Milano, in zona Lambrate.
Roberto Alfano, 41 anni, lodigiano, nato e cresciuto nella Bassa, si interessa all’arte a partire dalla prima metà degli anni 90 dedicandosi all’arte urbana. In quel periodo realizza i suoi primi graffiti che, nel corso degli anni, si trasformano in passione per il disegno e la pittura. I suoi modelli di riferimento appartengono alla cultura contemporanea underground, all’art-brut (pitture, disegni, oggetti eseguiti da alienati, bambini, persone estranee a un ambiente culturale e prive di qualsiasi educazione artistica), alla pittura dei maestri francesi del post-impressionismo. Accanto all’attività artistica, si forma nell’ambito dell’arte-terapia clinica occupandosi di creare e condurre laboratori artistico-esperienziali e di dinamiche delle espressioni artistiche in situazioni di disagio psicofisico e sociale.
“Partiamo da una cartolina che attinge ad aspetti decisamente biografici dell’artista. La cartolina in questione è un’immagine o un ricordo che sembra a un primo sguardo rimandare al bucolico neorealista della corte-cascinale, dei bambini che corrono nei campi, dei cani e delle passeggiate. E sembra subito che i soggetti di Miraggio Inferiore siano cani: di legno, di terra, argilla e cemento, cani di tele e paillettes, maculati e striati, immobili e scattanti. C’è una baracca, proprio come quelle abusive che si trovano spesso sotto i cavalcavia delle tangenziali, dove non si sa mai se la foschia sia smog o viceversa. C’è anche la ricorrenza di figure e segni dai tratti infantili, ed è da qui che possiamo partire”, prosegue Caserini.
E la baracca, realizzata con materiali poveri e di scarto (tavole di OSB, pezzi di compensato, pannelli di legno, teli ombreggianti tenuti insieme da listelli lignei e schiuma poliuretanica), attende veramente il visitatore, sorvegliata a vista: all’esterno dal Cane che piange di gioia (in adobe – argilla cotta in fossa – smaltata, legno, schiuma poliuretanica), all’interno dall’Altissimo cane (in adobe) in compagnia del Cucciolo di cane (in adobe su base di cemento armato) e di un visionario Memento mori (sempre in adobe su base di cemento armato). Una baracca che è casa interiore, capace di esprimere quella necessità interiore percepibile nella pratica di tutte le forme artistiche. Una percezione volontaria che oltrepassa quella spontanea delle azioni quotidiane e permette di centrare l’essere su frequenze sintonizzate sull’inconscio, vivendo dal profondo di sè la percezione del mondo attraverso immagini scaturite da simboli collettivi e universali.
Guardando l’opera di Alfano ci si trova di fronte a uno degli aspetti più ostici dell’arte: la sua necessità “di saper far fronte costante alle cose che compaiono e svaniscono, che affliggono l’animo e lo spezzettano in ogni porzione di sguardo, in ogni visibile, quelle affezioni che, se intense, rendono faticoso il distinguo tra chi guarda e cosa si vede, tra guardare e essere guardati, tra la paranoia di una baracca in uno uno spazio tanto ampio da sembrare infinito e la strana libertà di sparire nello stesso spazio”, chiarisce Caserini.
La produzione artistica di Alfano si muove tra due poli. Se da un lato ricorrono figure di fantasia (un’attitudine quasi infantile a spaesarsi, a seguire un tratto-bambino che rincorre forme, ritratti, scene), dall’altro è percepibile la ripetizione degli elementi. “Se ci si chiede cosa sia un tratto-bambino, bisogna innanzitutto pensare a un gioco di simpatie forzate, ma pur sempre simpatiche. Che significa non concedersi all’accadere delle cose ma piuttosto imporre la realtà della fantasia, e aprire avventure laddove pare che non ce ne siano: e qui, se si vuole fantasticare, può tornare ancora la figura dell’orizzonte. Ma insomma, il fatto è che questi cani hanno perlopiù una caratteristica in comune. Sono sproporzionati, alcuni troppo piccoli e altri quasi deformi, alcuni grotteschi e altri inteneriti”, conclude il curatore.
READ FULL ARTICLE
Prima personale in galleria per l’artista Roberto Alfano, classe 1981. La mostra riprende il fil rouge che collega tutta la produzione dell’artista, l’attitudine alla fantasia, a un’immaginazione infantile, resa attraverso le forme, i colori, i soggetti stessi.
READ FULL ARTICLE
The first solo exhibition of artist Roberto Alfano at the ArtNoble gallery, curated by Piergiorgio Caserini. An inferior mirage is the asphalt bobbing like the sea. It is an effect of the heat, the humidity and the distance, a strange inflection of the above on the below that everyone knows well, but especially those who have always been accustomed to infinitely long landscapes and horizons where the gaze is so wide that it is only possible to follow things as they disappear. Obviously, we are talking about the plains: the Po Valley and the Emilian plains. Expanses dotted with farmhouses, courtyards, bell towers, aqueducts and pylons, framed by the geometric shapes of muddy ditches, embankments and drainage ditches in which families of nutrias wallow, surrounded by small swarms of fireflies; in short, those landscapes in which steaming piles of shit, gravelly mud on the embankments, occasional floods and, recently, tornadoes, recur. Let us say with the certainty of those who live them that these are such vast spaces that it is easy to get lost whilst standing still. They are landscapes that have the peculiarity of urging the observer to continually exercise a glance into the distance, at what disappears and what only appears when walking – and here we live on opposites: the fog is the ultimate fallback, where things rather than disappearing suddenly appear. In short, the long, seemingly infinite spaces facilitate the mirage, whether it is inferior or superior: whether it is the sky that makes the asphalt and the earth vibrate, or the mountains that disappear below the horizon.
READ FULL ARTICLE
Di Dario Ronzoni
Si intitola “Miraggio inferiore” ed è ospitata dalla galleria ArtNoble di Milano dal 3 marzo. Ci sono elementi ricorrenti (i cani, le griglie) immerse in una dimensione a metà tra l’onirico e il reale, descritte in un difficile percorso di auto-svelamento.
Più che un paesaggio, è un’esperienza. Il mondo dell’artista lodigiano Roberto Alfano è un’evocazione di nebbie, pianure e solitudini. È una storia e insieme un percorso in una dimensione e in un tempo – la bassa, la fine del XX secolo – trasfigurati, dove gli echi delle mode delle città arrivano da lontano e diventano passioni, come il casco e i motorini.
La mostra (la prima personale) si chiama “Miraggio inferiore”, apre il 3 marzo fino al 29 aprile ed è curata da Piergiorgio Caserini. Èla quinta ospitata nella galleria ArtNoble di Milano, in zona Feltre, nata da appena un anno dalla verve dell’italo-inglese Matthew Noble, nella sua missione di ricerca di arte e bellezza.
Il lavoro di Alfano è, fin dal titolo, una metafora: evoca l’illusione ottica provocata nell’aria dalle superfici calde, di cui cerca di riprodurre la luce e, in un certo senso, l’incanto. Ma è anche un viaggio laterale, ai margini – inferiore, appunto – in balia di un paesaggio nebuloso, dove i confini del sé e dell’esteriorità si confondono tra loro – e qui è il miraggio – e non si coglie più la differenza tra il sentimento e l’esperienza. Così che una semplice passeggiata con i cani (particolare non da poco) sfocia in un percorso semi-iniziatico, composto di visioni da mondo rurale, periferico e di provincia.
La mostra è il racconto di una storia. C’è un personaggio, i suoi dilemmi interiori, un casco che lo nasconde o protegge. C’è un incontro, il progresso nella nebbia e, da qui, le evocazioni che mescolano Aphex Twin e immagini di realtà di campagna, come l’uccisione del maiale e la baracca, vera, a dimensione naturale e composta da dipinti dello stesso Alfano. Una struttura fragile in cui l’artista, in fase di allestimento, ha anche passato giorni e notti intere per raccogliere, dalla sua mente, pensieri, ricordi e idee da ripresentare al pubblico. Siamo al confine tra la memoria e la nostalgia.
Ci sono, soprattutto, tantissimi cani. Alfano li dipinge o li assembla con materiali di varia origine (è la sua passione per l’Art Brut) o, ancora, li modella. È una figura importante perché, spiega a Linkiesta, che ha potuto visitare la mostra prima dell’apertura, «sono un veicolo di molti concetti e idee». Il cane esprime, ad esempio «il controllo – che può essere a sua volta inteso in tanti modi – e l’allentamento», ma anche la fedeltà, l’amicizia, l’affetto, la vicinanza. Presenze polisemiche e temi che, dopo due anni di distanziamento e misure coercitive, risuonano nella sensibilità di tutti. Alfano li riprende, li smonta e li ripresenta in una costruzione personale e originale, con tutte le declinazioni possibili. Non per niente ci sono cani al guinzaglio (con nomi di motorini degli anni ’90: Zip, Booster e Energy) e cani liberi.
Non mancano maschere, a sottolineare quanto il tema dell’identità e della conoscenza di sé sia fondamentale nelal sua opera, e ricorre il motivo della griglia (che può essere a sua volta maschera). Una cifra stilistica, «che mi piace e mi aiuta a esprimere molte idee». È prigione, è rete, è un modo di squadrare la realtà.
Alfano è nato a Lodi nel 1981, è passato dall’amore per i graffiti alla cultura dell’Art-Brut, imbevendosi anche di post-impressionismo. Parte della sua attività è stata nell’arte come terapia clinica, dove ha condotto laboratori artistici per persone con disagio psico-fisico e sociale. Sono state «esperienze importanti», lo hanno portato a pensare all’arte in modo diverso, come strumento per toccare parti del sé oscurate e delicatissime. Qui il fine era terapeutico, ma il potere di introspezione ed espressione, forse, è lo stesso.
READ FULL ARTICLE
By Debrina Aliyah
The Emilian plains, which we fondly refer to as the pianura, could easily be an abstract concept, for it has long inspired works of literature and art that straddle between the intangible and ethereal. But it is a very real place of agricultural and industrial excellence and generations of families who bear witness to the evolution of a natural landscape that could not be more human, reflecting the mirage of those who inhabit it. This issue, we invite you to take a walk with us across the rugged plains.
The essence of a land, its strange inflection of the above on the below, seen through the eyes of a certain Stefano and his three dogs. Miraggio Inferiore (Inferior mirage) is an exploration of the self, set against a fascinating yet complicated landscape, the Po Valley and the Emilian plains. From blindingly thick fogs of winter to the inescapable scorching heat of summer, artist Roberto Alfano invites the viewer to follow an infinite gaze across the horizon through seemingly childlike drawings and site-specific installations, while the brilliant pen of Piergiorgio Caserini connects the dots of a passage into the imaginary. Here, Alfano takes us into his world.
DA: How was Stefano conceived?
RA: Well, the idea was to have a character that functioned as an element that governed other figures. In the beginning, I had imagined a girl with a muzzled dog, but somehow or other, we knew it would have to be an adolescent figure from Bassa Lodigiana. And so, really, the character of Stefano came to life as a matter of function, as a narrative element. While working on him, he then became this significant figure, almost a friend with whom we spent weeks together in this space.
We then began constructing everything that would define his character, a young person with a troubled childhood. A person who kept his helmet on all the time, alluding to the question of a sense of security. It’s an element that, in all its simplicity, isn’t exactly all that simple.
And so the story begins, his journey in search of his identity, a journey that is simultaneously mystical, dreamlike, and hallucinatory that reflects the indelible role of the territory, Bassa Lodigiana, where I’m from, my home, my origins.
DA: And the dogs?
RA: The dogs express a part of Stefano’s identity or, in some way, introduces it. Stefano isn’t precisely the dogs’ owner but more of an entity that allows himself to be led by the dogs. So everything that happens to him, the hallucinations and visions, is beyond his control, but everything ends in a positive epilogue.
DA: Do you see yourself in him?
RA: Yes, and no. I would like to be more like Stefano. He’s courageous and determined. And there’s a level of affection beyond compare, which is his strength. I’ve left memories of me on him. The numbers on his outfit are part of my story, the dates of birth of my family members, phone numbers, and things that mean something to me.
Stefano brought with him an array of ideas and content that perhaps if we could sit down for hours, I can present them to you, but that’s a story for another day.
DA: You slept in one of the installations, in the barracks. What was it like?
RA: It was unpleasant, bluntly put. At a certain point, I felt like I was behind and that if I weren’t present 24/7 at the gallery to find a solution, the exhibition would never materialize. After a night of intense work, the nightmares began when I tried to rest. I was highly stressed; it was uncomfortable, the cold and humidity were unbearable. It was like being in the worst place on earth, and then the visions and hallucinations happened. I saw figures, a woman with strange features on her face. I later understood that it was perhaps connected to the work, in the spirit of the barracks we built. There was already a lot of turmoil inside me, and sleeping in there amplified the emotions. I lived the worst part of me that I had forgotten. But the experience helped me refocus on the work to be done and made me realize just how important it was to narrate a story instead of putting up another exhibition of paintings hung on a wall and ordinary sculptures.
DA: This three-way collaboration between you, Piergiorgio Caserini, and Matthew Noble. How did it all play out?
RA: It was a continuous dialogue of how the exhibition would take form, and our work together brought the linearity of how this story would be told. Even the disagreements were essential, but working together brought a particular dynamic.
Piergiorgio surprised me because he could capture and extract elements, details that even I couldn’t from my work. Of course, there came the point when I became aware of the narration, or it’s more a fairy tale really, that is actually very enjoyable — and poignant, because I was stressed out, and I was in a fragile place.
DA: Are there plans to incorporate art therapy in this exhibition?
We’ve left the drawings on the wall open-ended because we wanted to explore the possibility of a project that involved children. Having them come and finish, or continue, the narration. I’ve always worked in the field of art therapy with different groups of disadvantaged individuals. We try to incorporate an educative element, but sometimes, it’s just purely to be in a social environment to encourage creative exchange. Like when we painted a wall in a nursing home with its residents. We danced, we laughed, and everyone had a great time.
MIRAGGIO INFERIORE, Roberto Alfano’s solo exhibition curated by Piergiorgio Caserini, runs till 29th April, 2022 at ArtNoble Gallery.
by Piergiorgio Caserini
We asked editor, curator, and writer Piergiorgio Caserini to send us a list of some of his favorite books on the Pianura, which he also referenced to curate the Miraggio Inferiore exhibition at ArtNoble.
So, in the spur of the moment, to better understand the Po Valley that we have experienced, how it evolves, and how it shapes our way of looking at it; indeed, Celati is one of the authors that cannot not be named. From the journey along the Po in Verso la Foce to the collection of oral histories in Narratori delle Pianure and the Quattro Novelle sulle Apparenze (Four Novels on Appearances) – here we might as well go back to the inferior mirage that is the starting point of Roberto’s exhibition. Remaining in line with the appearances and the mirages of those horizons, we should also include Il Poema dei Lunatici, by Ermanno Cavazzini: a crazy and paranoid plain, like the deserts that Canetti speaks of in Massa e Potere. But there is also Cesare Zavattini, who dealt with the plains’ landscape, and in particular, Ligabue, who recounts the events and life of the painter, from the shack in the poplar grove to success, in the conviction that we are all, in one way or another, beasts. Obviously, the more recent Pianura by Marco Belpoliti, which tells the story of the rich cultural, artistic and literary panorama of the plains. Then obviously Ghirri. All of them have contributed to trying to rewrite, to bring out from these lands that were seas, and then swamps, myths, fables, and glances that have been overtaken by industrialization. All narrators of the plains, teaching us how to observe by getting lost. Suppose we want to go a little further, compared to literary works, to understand how to describe a landscape or a horizon in the plains in the time of highways. In that case, there are L’orizzonte Negativo by Paul Virilio, Il principio territoriale by Alberto Magnaghi, Pour una ècologie de l’attention by Yves Citton, and Geoanarchia by Matteo Meschiari.
READ FULL ARTICLE
(ANSA) – MILANO, 02 MAR – Racconta della Pianura padana ed emiliana con i suoi paesaggi disseminati di casolari, corti, campanili, acquedotti e tralicci, fossi fangosi ed argini ‘Miraggio Inferiore’, la mostra personale a Milano di Roberto Alfano che inaugurerà il 3 marzo, da ArtNoble gallery, spazio dedicato ai giovani artisti emergenti.
Curata da Piergiorgio Caserini, l’esposizione propone immagini che si ispirano ad aspetti biografici di un artista cresciuto nella Bassa Lodigiana, e che ha mosso i primi passi nella street art, rielaborate attraverso il filo rosso che lega tutta la sua produzione artistica: una fantasia e una immaginazione infantile che forgia le forme, i ritratti, le scene nelle quali si replicano segni stilizzati come decorazioni.
Così l’installazione ripercorre scene dell’adolescenza di Alfano, come se fossero filtrate dalla visiera di un casco che un giorno, sceso dalla sella della sua moto, decise di non levarsi – assieme alla tuta – per parecchio tempo: dalla baracca ai campi avvolti dalla nebbia, fino alla campagna esplorata durante le passeggiate con i suoi tre cani. Figure deformate, sproporzionate, come nei sogni dei bambini che portano in una dimensione extra terrestre, onirica. Una dimensione frutto di un approccio metodologico maturato nel contesto del laboratorio artistico-esperienziale e dal quale sono nate queste visioni che narrano i luoghi in cui l’artista, ora quarantenne è cresciuto, ossia quella provincia lombarda tra Lodi e Piacenza, negli ultimi due anni passata purtroppo alla ribalta delle cronache per la pandemia. (ANSA).
READ FULL ARTICLE