Vogue – Martina Cassatella, in mostra a Milano, dipinge mani sognanti tra fili colorati

Di Mariuccia Casadio


Martina Cassatella, ventiseienne pugliese ma di base a Milano, dipinge ad olio su lino. E le mani che ritrae, attraversate da filamenti policromi e pervase da una luce mistica, sono una forma di linguaggio non verbale che rimanda alla pittura antica e a una dimensione altra.


Nelle mani e nei gesti confluiscono le attitudini, l’energia, le tensioni e gli abbandoni della nostra persona, la comunicazione non verbale, così come i luoghi, i modi di essere e i mutamenti delle società nei secoli.  


Vi sono inscritti la natura e il soprannaturale, i culti, le pratiche e le figure mistiche, la storia delle religioni e quella dell’arte, che, dall’antico al moderno, al contemporaneo, ha assegnato a questo soggetto una varietà infinita, centrale e accentrante di ruoli espressivi e simbolici. L’abilità nel dipingere, plasmare o fotografare le mani proprie o quelle altrui, spazia senz’altro da Albrecht Dürer a Bruno Munari, o da Sofonisba Anguissola a Cinzia Ruggeri, Ketty La Rocca o Rochelle Goldberg, solo per fare qualche esempio. Ci sono inoltre forme di gestualità pubbliche e private, sacre e profane, auliche o altrimenti popolari, quotidiane, che identificano e si applicano a una grande varietà di pratiche e mestieri, sono radicate nel sapere collettivo e appartengono non di rado ai nostri ricordi personali e familiari.


Mani, posture e azioni che colleghiamo al lavoro domestico o alle arti applicate. Mani che ci formano evocando in noi momenti vissuti, affetti, musicali andamenti di riti operosi della tradizione iterati e perpetrati nel tempo. Mani che cucinano, cuciono o ricamano, che da piccole hanno catturato la nostra attenzione, fondendosi con l’esperienza dei nostri contesti spirituali e culturali d’origine. Sono quelle che la ventiseienne Martina Cassatella ha scelto di rendere protagoniste uniche e ricorrenti della sua arte.


«Sono nata nel Gargano, in una Puglia molto religiosa e legatissima alle icone. Nella mia zona sono pane quotidiano, definiscono i contenuti del dialogo e dello scambio interpersonale. Oltre a rappresentare delle forme di scrittura e non di pittura, intrecci e stratificazioni di dati che non riproducono mai un modello, ma quasi compongono il tessuto di un credo che trascende l’umano e la cifra autorale», spiega Martina.


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