Elle Decor – La nuova galleria di Milano dedicata ai giovani artisti e guidata da un team under 30
Di Elisabetta Donati De Conti
Nel quartiere Feltre, lontano dalle location modaiole, Artnoble inaugura con Zeitgeber, una mostra in cui l’arte rilegge l’ambiente
Si chiama Matthew Noble il fondatore di questa nuova realtà ed è approdato all’arte contemporanea dopo un percorso decisamente eterogeneo a cavallo tra Italia e Regno Unito: dopo un’infanzia passata a Milano (con i genitori inglesi), gli studi in chimica farmaceutica a Glasgow e le prime esperienze lavorative, scocca la scintilla con l’arte. Una passione a cui non ha potuto resistere e che l’ha portato ad essere molto attivo fin da subito nell’organizzazione di mostre, esposizioni pop-up, le prime fiere all’estero e ora, con questo ulteriore passo, ad aprire una propria galleria in uno dei quartieri di Milano che, nonostante subisca un po’ le fluttuazioni modaiole, è ricchissimo di potenzialità, specialmente nel settore creativo.
É così che nasce dunque Artnoble, come una spensierata dichiarazione d’amore per il bello. Il progetto era già stato avviato a Londra nel 2018, come piattaforma dedicata alla promozione di talentuosi artisti emergenti a prescindere dal loro background e dal supporto con il quale lavorano, ma è a Milano che si insedia in un luogo fisico e si fa vera e propria galleria, negli spazi seminterrati di un ex magazzino poco distante dalla stazione dei treni di Lambrate. A guidare la galleria è invece la coetanea di Noble Alice Previtali, ventottene con curriculum impeccabile: dopo gli studi in filosofia e una significativa esperienza in Fondazione Prada, studia arte a New York e lavora in gallerie di fama internazionale come la tedesca Sprüth Magers di base a Londra e la milanese Lia Rumma.
Al pubblico milanese si presentano così con Zeitgeber (donatore di tempo, in tedesco), una mostra dove l’attenzione degli artisti si concentra sugli agenti esterni più che sui moti interiori: l’osservazione di flora e fauna, lo studio dei fenomeni atmosferici e biologici, il fascino della “magia” delle metamorfosi diventano pretesto per una traduzione visiva che alterna la rappresentazione analitica all’appropriazione concettuale.
Il vocabolo da cui proviene il titolo venne coniato da Jürgen Aschoff – medico, biologo, fisiologo comportamentale e uno dei padri della moderna cronobiologia – e si impiega per indicare un fattore esterno a un organismo, capace di sincronizzarne i ritmi circadiani rispetto al contesto ambientale, come per esempio la luce solare oppure il buio. In questo senso un donatore di tempo è visto quindi come ciò che è in grado di regolare i cicli vitali, partecipandovi attivamente.
Instaurando un parallelismo, gli artisti in mostra dunque si insinuano e disturbano questi equilibri naturali, provocando oscillazioni e reinterpretazioni, ma allo stesso tempo sono distaccati osservatori algidi che possono così trasferire su un medium “terzo” ciò che gli ambienti gli comunicano – più o meno esplicitamente – per metterlo a disposizione di una conversazione collettiva, coadiuvata da una bibliografia a disposizione dei visitatori di Artnoble.
Così le sculture di Edoardo Manzoni, legate ai temi della mimesi, della caccia e della seduzione, dialogano con la grande installazione di Silvia Mariotti, attenta allo studio di ambienti notturni e crepuscolari, alla stratificazione di elementi reali e artificiali e alla simbologia dei paesaggi naturali. A questi lavori si affiancano gli strati pittorici attraverso i quali Simon Nicasz-Dean, nei suoi monotipi, gioca con il tempo, sovrapponendo momenti diversi negli stessi luoghi. L’aspetto soggettivo e le immagini di fiori provenienti dall’infanzia giocano poi un ruolo importante nelle opere di Katherine Jones, pensate come serre destinate a proteggere le piante tropicali instabili e altre specie migrate, in cui viene sottolineato il ruolo dell’ambiente (sia naturale sia artificiale) in quanto agente di trasformazione e di selezione. Giovanni Chiamenti presenta invece una serie di lavori in ceramica ibridi tra l’animale e il vegetale e una scultura in plexiglass realizzata attraverso l’elaborazione di dati falsati da un’intelligenza artificiale. Un’altra metamorfosi è quella a cui si interessa Giulia Mangoni, che ricostruisce la storia di Marica – ninfa pre-romana continuamente soggetta a distorsioni della natura e mai fissata iconograficamente – nell’intento di ripensare una possibile attualità di questa figura legata tanto all’universo naturale quanto alla cultura e alla storia dell’Isola del Liri. Infine Michele Guido è presente sia con due fotografie, sia in qualità di voce narrante di Zeitgeber con un saggio dal titolo Coltivare la luce/Seminare la carta, in cui cerca le suggestioni che s’intravedono nella concertazione delle opere in mostra.