Elle Decor – La nuova galleria di Milano dedicata ai giovani artisti e guidata da un team under 30

Di Elisabetta Donati De Conti

Nel quartiere Feltre, lontano dalle location modaiole, Artnoble inaugura con Zeitgeber, una mostra in cui l’arte rilegge l’ambiente

Si chiama Matthew Noble il fondatore di questa nuova realtà ed è approdato all’arte contemporanea dopo un percorso decisamente eterogeneo a cavallo tra Italia e Regno Unito: dopo un’infanzia passata a Milano (con i genitori inglesi), gli studi in chimica farmaceutica a Glasgow e le prime esperienze lavorative, scocca la scintilla con l’arte. Una passione a cui non ha potuto resistere e che l’ha portato ad essere molto attivo fin da subito nell’organizzazione di mostre, esposizioni pop-up, le prime fiere all’estero e ora, con questo ulteriore passo, ad aprire una propria galleria in uno dei quartieri di Milano che, nonostante subisca un po’ le fluttuazioni modaiole, è ricchissimo di potenzialità, specialmente nel settore creativo.

É così che nasce dunque Artnoble, come una spensierata dichiarazione d’amore per il bello. Il progetto era già stato avviato a Londra nel 2018, come piattaforma dedicata alla promozione di talentuosi artisti emergenti a prescindere dal loro background e dal supporto con il quale lavorano, ma è a Milano che si insedia in un luogo fisico e si fa vera e propria galleria, negli spazi seminterrati di un ex magazzino poco distante dalla stazione dei treni di Lambrate. A guidare la galleria è invece la coetanea di Noble Alice Previtali, ventottene con curriculum impeccabile: dopo gli studi in filosofia e una significativa esperienza in Fondazione Prada, studia arte a New York e lavora in gallerie di fama internazionale come la tedesca Sprüth Magers di base a Londra e la milanese Lia Rumma.

Al pubblico milanese si presentano così con Zeitgeber (donatore di tempo, in tedesco), una mostra dove l’attenzione degli artisti si concentra sugli agenti esterni più che sui moti interiori: l’osservazione di flora e fauna, lo studio dei fenomeni atmosferici e biologici, il fascino della “magia” delle metamorfosi diventano pretesto per una traduzione visiva che alterna la rappresentazione analitica all’appropriazione concettuale.

Il vocabolo da cui proviene il titolo venne coniato da Jürgen Aschoff – medico, biologo, fisiologo comportamentale e uno dei padri della moderna cronobiologia – e si impiega per indicare un fattore esterno a un organismo, capace di sincronizzarne i ritmi circadiani rispetto al contesto ambientale, come per esempio la luce solare oppure il buio. In questo senso un donatore di tempo è visto quindi come ciò che è in grado di regolare i cicli vitali, partecipandovi attivamente.

Instaurando un parallelismo, gli artisti in mostra dunque si insinuano e disturbano questi equilibri naturali, provocando oscillazioni e reinterpretazioni, ma allo stesso tempo sono distaccati osservatori algidi che possono così trasferire su un medium “terzo” ciò che gli ambienti gli comunicano – più o meno esplicitamente – per metterlo a disposizione di una conversazione collettiva, coadiuvata da una bibliografia a disposizione dei visitatori di Artnoble.

Così le sculture di Edoardo Manzoni, legate ai temi della mimesi, della caccia e della seduzione, dialogano con la grande installazione di Silvia Mariotti, attenta allo studio di ambienti notturni e crepuscolari, alla stratificazione di elementi reali e artificiali e alla simbologia dei paesaggi naturali. A questi lavori si affiancano gli strati pittorici attraverso i quali Simon Nicasz-Dean, nei suoi monotipi, gioca con il tempo, sovrapponendo momenti diversi negli stessi luoghi. L’aspetto soggettivo e le immagini di fiori provenienti dall’infanzia giocano poi un ruolo importante nelle opere di Katherine Jones, pensate come serre destinate a proteggere le piante tropicali instabili e altre specie migrate, in cui viene sottolineato il ruolo dell’ambiente (sia naturale sia artificiale) in quanto agente di trasformazione e di selezione. Giovanni Chiamenti presenta invece una serie di lavori in ceramica ibridi tra l’animale e il vegetale e una scultura in plexiglass realizzata attraverso l’elaborazione di dati falsati da un’intelligenza artificiale. Un’altra metamorfosi è quella a cui si interessa Giulia Mangoni, che ricostruisce la storia di Marica – ninfa pre-romana continuamente soggetta a distorsioni della natura e mai fissata iconograficamente – nell’intento di ripensare una possibile attualità di questa figura legata tanto all’universo naturale quanto alla cultura e alla storia dell’Isola del Liri. Infine Michele Guido è presente sia con due fotografie, sia in qualità di voce narrante di Zeitgeber con un saggio dal titolo Coltivare la luce/Seminare la carta, in cui cerca le suggestioni che s’intravedono nella concertazione delle opere in mostra.



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Vogue – Trois auteurs d’Histoire: Nelson Makengo, Georges Senga, Pamela Tulizo

By Sala Patterson

In Milan three contemporary Congolese photographers are on show at ArtNoble Gallery October 28, 2021

In 1960, Patrice Lumumba, the first Prime Minister of the independent Democratic Republic of Congo, wrote a letter to his wife Pauline from Thysville Prison. In it, he predicted that one day “Africa will write its own history and both north and south of the Sahara it will be a history full of glory and dignity.”

Trois auteurs d’Histoire: Nelson Makengo, Georges Senga, Pamela Tulizo, the new group show at ArtNoble Gallery in Milan, celebrates three contemporary Congolese photographers who are fulfilling their founding father’s dreams. Each interrogates an aspect of the sociopolitical landscape of the Congo through a creative representation of life in their hometowns of Kinshasa, Lubumbashi, and Goma. The exhibition was conceived as a visual dialogue between the three artists that, when taken as a whole, would propose a new cultural narrative for the Congo.

To grasp that metanarrative, you will need to put in some leg work, bouncing between individual works and sections of the gallery in search of the exhibition’s big truths. Pamela Tulizo, a journalist turned photographer, takes charge of the conversation with Enfer Paradisiaque (2021) a previously unpublished series of elaborately produced, high-definition homages to the women of her native Kivu region. Using her best friend as muse, Tulizo creates portraits that convey the resilience of women in Kivu where staggering rates of conflict-fueled rape make them the most vulnerable population in the nation.

“I want to talk about the strength and power of the Congolese woman, I want to portray her even more beautiful than in my memory,” she has said.

The model’s heavily made-up face and supermodel poses recall fashion magazines, suggesting that Congolese women are Tulizo’s icons of beauty and self-expression. The model’s unrelenting gaze and dignified stance are a nod to their formidability. Her billowy ballgowns ornamented with corn, coal, or beans are an acknowledgment of the humble commodities these women transform into livelihoods. From so little, they do so much.

Nelson Makengo’s 2019 award-winning documentary, Up at Night, comes at the beauty and tragedy of the struggle through the element of light: What happens when nighttime falls on the banlieues of Kinshasa, and there is no power in the grid to illuminate them? The answer is articulated in a 20-minute triptych of miniature videos framed by blackness: a threat to carefree leisure time for children; a desperate, unending quest for light sources; a soundscape held hostage by the drone of generators. But the blackouts also give birth to what Makengo has referred to as “self-enlightenment… at any cost”: inventiveness born of necessity, communing around well-lit spaces, heated political discussions in the shelter of the shadows.

Unlike Tulizo who conjures the fragility and tension of daily life through a fantastical superheroine, Makengo does so by contrasting the most every day of realities – footage of men hunting for viable batteries among a heap gets its soundtrack from a broadcast of state propaganda about the extraordinary potential of Congo’s infrastructure. By night electricity shortages force people to live in the dark, and by day politicians keep them there.

Darkness lives off camera in photographer and archivist Georges Senga’s, Le vide (2019), coming instead from the Congo’s rich mineral mines, miles beneath the earth’s surface. In another triptych, Senga gives us three grids of color photographs documenting in fragments the working lives of miners in Kipushi, Likasi and Kolwezi. There are work-worn hands in one collage, battered tools in another, and in another the debris from days spent in the hot, dark underground (cigarette butts, worn shoe soles, and again, expired batteries). Each object is shot against richly hued and textured earth which contrasts with their cast-off appearance. What has more value? The men who risk their lives to extract the country’s natural wealth, or the earth that gives birth to it? Senga has replied in photographs to the answer supplied by the numbers: in 2017 the extractive industry generated USD 1,68 billion in revenue for the Congo yet 73% of the Congolese population live in poverty.

And with this we are racing back across the gallery to look deep into the eyes of Tulizo’s protagonist and then to Nelson’s short at the 15:53 mark where a mother vows to have light in her home by the upcoming holiday season. This is how we are reminded of the life force that prevails, which seems to be the narrative that these three “authors of history” are writing through image. One that says that the threats are alive and persistent, but so are the Congolese people.



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Il sole 24 ore – ArtNoble: il coraggio di ripartire

Di Marilena Pirrelli

Il giovane gallerista Matthew Noble inaugura il 22 aprile il nuovo spazio di Milano con una collettiva sulle metamorfosi della natura

Per le gallerie la pandemia e il lockdown hanno rappresentato uno stop e una migrazione veloce sull’online. Il 2020 in termini economici ha ridotto – secondo le stime dell’ArtBasel Ubs Art Market Report – il giro d’affari degli operatori a livello globale del 20% a 29,3 miliardi con maggiori difficoltà per le medie e piccole gallerie.

Ma c’è chi questo tempo, sospeso per tutti, l’ha usato proficuamente per costruire una nuova galleria e inaugurare con un vernissage su appuntamento il prossimo giovedì 22 lo spazio milanese in Via Ponte di Legno 9 (15.00 – 21.00) con la collettiva «Zeitgeber (donatore di tempo)». La mostra inaugurale di ArtNoble, aperta fino al 12 giugno, sarà concentrata sul soggetto articolato della natura e delle sue metamorfosi e includerà i lavori di Giovanni Chiamenti (Italia, 1992, opera in foto d’apertura), Simon Nicasz-Dean (Spagna, 1992), Katherine Jones (Regno Unito, 1979), Michele Guido (Italia, 1976), Giulia Mangoni (Italia, 1991), Edoardo Manzoni (Italia, 1993) e Silvia Mariotti (Italia, 1980).

Il giovane gallerista, Matthew Noble, titolare del nuovo spazio – genitori inglesi e milanese di nascita -, dopo la maturità viene spedito a farsi le ossa e studiare a Glasgow chimica. Si laurea in chimica farmaceutica, si sposta a Manchester, coltiva contemporaneamente la passione per i cavalli nella campagna inglese, poi scende a Londra dove comincia a lavorare per una start up di energia rinnovabile. «È lì che mi è partita la scimmia per l’arte – spiega ad arteconomy – amore, peraltro, trasmesso dalla mia famiglia. Ho conosciuto artisti, curatori, galleristi e giovani collezionisti e lì ho curato il primo evento: una mostra collettiva in una casa di campagna nel Berkshire, vicino Londra. Ho capito che era quello che mi piaceva: circondarmi di arte. Dopo otto anni ho lasciato il Regno Unito e il mio lavoro, ho deciso di tornare in Italia per lavorare con l’arte. Tornato per il Salone del Mobile ho conosciuto Riccardo Angossini e l’ho affiancato nella nascita di The Address gallery, realtà nata a Brescia alla fine del 2018. A settembre 2019 abbiamo inaugurato la nostra prima mostra insieme e a ottobre abbiamo fatto la prima fiera, invitati come spazio emergente, a Swab a Barcellona e abbiamo venduto. Poi ho fatto altre mostre temporanee a Milano in spazi pop up, anche una di fotografia e, infine, ho incrociato in via Tadino i proprietari del nuovo spazio».

E allora?
Mi è scattata lampadina. Volevo tornare a Milano e ho capito che dovevo metterci la faccia. L’esperienza di Brescia mi è stata molto utile perché mi ha consentito di avvicinarmi al mondo dell’arte italiano e conoscere i collezionisti.

Quale artisti stai seguendo?
Ho cominciato a seguire artisti emergenti che lavorano sul territorio rurale, che raccontano l’ambientazione della campagna e poi, a fine 2019 la pandemia e la svolta. Ed eccomi qua.

Hai fatto tutto da solo?
La mia famiglia mi ha aiutato supportandomi e incoraggiandomi, instillandomi fin da bambino l’amore per il bello e poi, da gennaio, Alice Previtali mi sta affiancando come co-direttrice della galleria, Caterina Monda nella comunicazione e Piergiorgio Caserini per la sezione editoriale.

Hai avuto coraggio a partire adesso…
Non so se coraggio o incoscienza… Lavoro per il futuro credendo nel progetto, in me stesso e nelle persone che mi affiancano: Alice, Caterina e Piergiorgio. Non mi sono mai scoraggiato, non ho mai gettato la spugna. Questa pandemia mi ha dato modo di riflettere e preparami per la ripartenza. È stato un anno molto strano, non si hanno certezze. Eravamo già pronti a gennaio poi abbiamo atteso aprile, ma va bene così.

Qual è il tuo percorso artistico?
Dopo aver osservato la scena artistica milanese, mi è sembrato di trovare poche gallerie che trattano talenti italiani relativamente giovani. All’inizio volevo trattare artisti emergenti, giovani con mostre e curricula già buoni, alla fine la prima collettiva presenta artisti che hanno già esposto per istituzioni o in gallerie più importanti, ma che noi cercheremo di valorizzare ulteriormente. Lavoriamo sulle relazioni umane, come con Alberto Selvestrel che è diventato un amico; ci siamo conosciuti quattro fa, entrambi alle prime armi ed è nato un rapporto fraterno. Il focus di ArtNoble è di concentrarsi su un numero ristretto di artisti e seguirli, promuoverli e accudirli a 360 gradi. Cerco artisti che raccontino il loro territorio, che abbiano una loro storia che diventi la nostra.

In quanto tempo prevedi che la galleria arrivi a breakeven?
Quest’anno andremo avanti a investire su noi stessi, mi sono dato due anni per arrivare a breakeven con i costi, anche se cammin facendo ci sono più spese del previsto. Fortunatamente abbiamo già concluso molte vendite, oltre le nostre aspettative. E lo consideriamo di buon auspicio.

Il range delle opere che proponi in questa prima mostra in galleria?
Tra 300 € fino ai 10.000 €.

Qualche esempio?
I monotipi dell’architetto spagnolo Simon Nicasz-Dean hanno due range di prezzo differenti che variano in base alle dimensioni: i più piccoli (40 x 30 cm) intorno a 600 € e i più grandi (54 x 66 cm) 1.300 €. La scultura in plexiglass di Giovanni Chiamenti si aggira intorno ai 6000 € e le sue ceramiche vanno dagli 800 ai 4.000 €. I lavori fotografici di Silvia Mariotti variano in base alle dimensioni: i più piccoli (45 x 30 cm) sono sui 1.300 – 1.700 €, i più grandi (100 x 66 cm) sui 2.500 – 3.000 €. Le sue sculture composte da neon, ferro e polistirene si aggirano intorno ai 4.000 €. Per quanto riguarda i lavori di Edoardo Manzoni, la scena di caccia, questa volta pensata con il legno, si aggira intorno ai 2.000 €; la sua scultura trappola fatta di rami, alluminio, spine e bacche attorno ai 1.500 €, mentre più alto è il prezzo della scultura che si riferisce all’Argo Maggiore, 3.000 €. Le due piccole figure provenienti dall’enciclopedia del cacciatore, 600 €. Le stampe di Katherine Jones raggiungono circa i 1.700 € quelle di grandi dimensioni (73 x 90 cm) e i 500 € quelle di piccole dimensioni (40 x 33 cm). Mentre per gli ultimi due artisti, Michele Guido e Giulia Mangoni, stiamo ancora definendo i prezzi.


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Artribune – Da Londra a Milano: apre a Lambrate ArtNoble, galleria dedicata agli artisti emergenti

Di Giulia Ronchi

Abbiamo intervistato il suo fondatore, che ha dato origine tre anni fa a Londra a un progetto che oggi diventa una galleria fisica nel capoluogo lombardo. Ecco la storia di Matthew Noble che sfida la crisi dando spazio ai nuovi linguaggi del contemporaneo.

Aprirà il 22 aprile 2021 e sarà dedicata esclusivamente alla ricerca dei giovani artisti. Arriva a Milano ArtNoble, la prima galleria del giovane Matthew Noble (classe 1993), che ha iniziato ad occuparsi di arte contemporanea a Londra tre anni fa fondando questo progetto inizialmente itinerante. Si inaugura con la mostra collettiva Zeitgeber (donatore di tempo), fino al 12 giugno 2021, che raccoglie i lavori di Giovanni Chiamenti, Simon Dean, Michele Guido, Katherine Jones, Giulia Mangoni, Edoardo Manzoni e Silvia Mariotti, incentrati sui temi del ruolo del tempo, della successione di luce e buio, dell’aspetto magico delle metamorfosi che avvengono in natura e in mitologia. Della genesi e dello sviluppo di ArtNoble ci ha raccontato tutto Matthew Noble in questa intervista.

ArtNoble è stata fondata a Londra nel 2018: come ha mosso i suoi primi passi?
Il progetto ArtNoble è nato nel 2018. In quel periodo vivevo a Londra per lavoro e, spinto dalla passione per l’arte e dalla curiosità, ho incontrato numerosi artisti, galleristi e curatori. Un giorno, in un momento in cui non ero molto soddisfatto del mio lavoro precedente, ho deciso insieme ad alcuni artisti di organizzare una mostra temporanea in una casa di campagna fuori Londra; è stato così che tutto ha avuto inizio. Durante il primo periodo sono rimasto a Londra dove ho continuato ad organizzare ulteriori mostre temporanee, sia in case private che in spazi adibiti a esposizioni e mostre.

E poi cos’è successo?
Nel 2019, dopo tanti anni vissuti all’estero, ho deciso di ritornare in Italia, paese dove sono nato e cresciuto. Nella fase di rientro ho conosciuto attraverso un caro amico un altro giovane appassionato d’arte che aveva appena aperto una galleria d’arte contemporanea a Brescia. Questo è stato il motivo del mio ritorno: affiancarlo in questo suo percorso, co-dirigendo insieme a lui la galleria.

Dopo tre anni, invece, hai deciso a stabilirti a Milano: come mai la scelta è ricaduta su questa città?
È la città italiana che conosco meglio, essendoci nato e cresciuto. Fin da piccolo, venendo da una famiglia con genitori stranieri (papà scozzese e mamma anglo-svizzera nata in Africa), in casa si è sempre respirata un’aria internazionale; un via vai di lingue, di persone e di culture diverse. Ho scelto di aprire la galleria proprio a Milano soprattutto perché negli ultimi anni ho notato fortemente come questa città abbia fatto enormi passi avanti, trasformandosi in un catalizzatore di culture e influenze cosmopolite. Oltre a questo, da quando sono rientrato in Italia, ho visto come la scena artistica milanese fosse in continua crescita ed espansione, senza però focalizzare l’attenzione sui numerosi giovani artisti, talentuosi e brillanti, usciti dalle accademie italiane nel recente passato.

Dove nascerà la galleria?
La galleria è nata nel quartiere di Lambrate, precisamente in Via Ponte di Legno, e stiamo aspettando di inaugurarla ufficialmente ad aprile. Lambrate è uno dei quartieri milanesi in continua trasformazione, nato come zona industriale con il boom economico degli anni ’50, e quindi quartiere principalmente operaio. Lambrate sta oggi vivendo una fase di “Rinascimento” accentuato, con un contenuto culturale molto marcato. Molte delle ex-fabbriche sono state trasformate in studi di design, architettura e gallerie d’arte.

Puoi parlarci dello spazio in cui nascerà la galleria?
Come molte cose nella mia vita, ho trovato lo spazio per caso, come se avesse scelto me. Appena uscito dal primo lockdown del 2020, ero alla ricerca di un luogo dove poter ospitare una mostra personale temporanea di un fotografo del quale sono curatore, Alberto Selvestrel. Stavo cercando degli spazi temporanei, certamente non uno spazio stabile dove poter aprire la mia galleria, ma quando ho visto lo spazio per la prima volta, un seminterrato ancora nelle sue vesti di magazzino abbandonato, sono rimasto impressionato dall’ampia metratura, dai pilastri che mi ricordavano gli spaziosi loft di Londra e New York e dalla ‘vetrata’ atipica (vetrata in un seminterrato!). Mi sono subito innamorato e ho deciso all’istante di dargli il lifting che si meritava, trasformandolo insieme ai proprietari dell’immobile in una galleria d’arte, facendolo diventare un luogo un po’ metafisico, con un’ipnotica, morbida e costante luce al neon che rende questo luogo pratico e irreale al tempo stesso. È stato così che da un progetto itinerante ArtNoble ha trovato la sua prima sede fisica. Ancora mi emoziono pensando a quei giorni!

Si tratterà di uno spazio solamente fisico o userete anche strumenti digitali per le vostre attività?
Oltre ovviamente all’uso dei social network e degli strumenti digitali di promozione, stiamo seriamente valutando di organizzare quella che, a oggi, sarebbe una delle prime mostre di NFTs (Non Fungible Tokens su Blockchain dedicata), nuova e rivoluzionaria modalità di fare arte nel XXI secolo. Tutto ciò, però, non adombra il principale motivo che mi ha spinto a scegliere questo percorso: l’arte deve essere vista e vissuta dal vivo, faccia a faccia. Lo schermo di un computer o di un cellulare falsano e offuscano l’esperienza e il piacere della fruizione da parte dello spettatore. Il fatto che la tecnologia ci dia una nuova possibilità non esclude il punto di partenza: dai graffiti preistorici al QR Code sono passati millenni, ma l’arte in quanto espressione creativa, umana e rivoluzionaria rimane sempre e soltanto una fonte di emozioni.

Cosa deve avere la ricerca di un artista per colpirti?
Per colpirmi, la ricerca di un artista deve essere sincera, appartenere alla persona che la sta portando avanti e producendo. Non sono affascinato dalle correnti virali che, in quanto tali, non appartengono a nessuno se non a un momento che passa veloce. Credo nelle appartenenze ai territori e nei legami forti, perché cresciuti nel tempo, che uniscono gli artisti con il loro luogo di appartenenza e di lavoro. Quello che resta e che, credo, duri è la traduzione genuina del loro modo di sentire e di vedere il mondo e raccontarlo. L’ispirazione che mi colpisce davvero è, poi, quella che viene dall’intimità e da luoghi dove l’istinto è nelle sue vesti più profonde. Elemento decisivo per ArtNoble sarà la scelta di dialogare con artisti internazionali, ponendo l’accento su artisti africani selezionati, che già sono spinti da un interesse per questo paese e che potrebbero avere, a Milano, l’occasione di portare le proprie ricerche al di fuori del continente in cui sono cresciuti. D’altra parte, la prima responsabilità di un artista non è quella di proporre una propria, personalissima visione delle cose? Del suo mondo che, inevitabilmente, è anche il nostro?

Pensi che ci sia un filo conduttore tra gli artisti con cui hai lavorato in questi anni?
Sicuramente un talento e una visione che raccolgono tutto ciò che più amo: un energetico e personale sguardo e le qualità umane che sono da sempre imprescindibili. L’affinità che ho con gli artisti che rappresento e con i quali mi confronto è una condizione fondamentale perché le nostre strade continuino parallelamente e verso la stessa meta.


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Giornale Diplomatico – Della Vedova a mostra “Trois auteurs d’Histoire” in memoria dell’Amb. Attanasio

Il sottosegretario agli Esteri Benedetto Della Vedova ha visitato “Trois auteurs d’Histoire”, mostra patrocinata dal ministero degli Esteri e dall’ambasciata d’Italia a Kinshasa, dedicata alla memoria dell’ambasciatore Luca Attanasio e al suo impegno a sostegno dell’arte e della cultura in Congo.
Con le opere di tre artisti congolesi – Nelson Makengo, Georges Senga e Pamela Tulizo – l’esposizione, curata dalla ArtNoble Gallery, vuole portare a Milano uno spaccato della scena artistica contemporanea del Paese, attraverso il racconto delle realtà diverse da cui provengono gli autori.
Assieme al sottosegretario c’erano il direttore della galleria ArtNoble, Matthew Noble, e la codirettrice Alice Previtali; Gabriele Salmi, presidente dell’associazione culturale Casa Degli Italiani; la curatrice della mostra Angelica Litta Modignani; due dei tre artisti, Nelson Makengo e Pamela Tulizo.



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Scale Magazine – A SOCIAL COMMENTARY THROUGH ART

By Debrina Aliyah

With photography as a shared medium, three Congolese artists bring a cross-section of the country’s contemporary art scene to ArtNoble gallery in Milan in a three-way conversation highlighting their different yet uniting practices. Trois auteurs d’Histoire, the group show, explores the past, present, and future of a country’s identity through its initiators.

Photographer and artist Pamela Tulizo was in Belgium halfway through her residency when the pandemic broke out, and she found herself in the middle of a flurry, one somewhat ridiculous, of people rushing into supermarkets to stock up on toilet paper. While the toilet paper rush has since become one of the most typifying episodes to satirise in the Western world in retrospect of the virus, Tulizo’s humour is laced with a difficult reality that inspired her series of works currently on show at ArtNoble gallery.

“It made me reflect on the things that we struggle to have enough of every day in Congo. Toilet paper would be the last of our worries,” she laughs. Coal, wicks, and water containers; objects that we may not immediately identify as essentials but are prized materials for survival in a republic that, despite its resource-rich lands, the quality of life of its people remains under par as a result of questionable governance. In Tulizo’s series of highly staged photographs emulating the undertones of fashion visuals, a model wears the artist’s creations incorporating these necessities against the raw backdrop of Goma, an eastern city of Congo where Tulizo hails from.

Professionally trained as a journalist, Tulizo is one of three artists whose body of work form Trois auteurs d’Histoire, the fall season exhibition at the Milanese gallery. Curated as a three-way conversation, it aims to highlight a cross-section of the contemporary Congolese art scene through the different practices of these artists and to generate an exchange between the artists’ cities of origin – Kinshasa, Lubumbashi, and Goma – whose profoundly distinctive and disjointed cultural traits define the work of each artist. ArtNoble, which opened its doors in April against a tide of regulative health restrictions with a highly successful representation of the contemporary scene, is committed to dedicating its fall calendar to spotlight the African continent and its flourishing expressions of art.

While mainstream accounts focus on the never-ceasing political and economic shortcomings of the region, “it is time to direct attention to the initiators just as it has been for years on the survivors,” says Gabriele Salmi of Atelier Picha, the independent cultural association involved in bringing this exhibition to life. Founded in 2008 in Lubumbashi by a group of young artists to promote contemporary art in and out of their city, Picha, through the organization of the Lubumbashi Biennial and many Atelier D’Artiste, has since become the springboard for developing artists’ careers in Congo.

One such artist is Georges Senga, whose large-scale photographic triptychs Le Vide zeroes in on the mining industry that has been an intrinsic element to the country’s social and economic landscape for years. Through photographs of hands, tools, and objects, Senga discourses the lives of miners and their toiling labor.

Filmmaker Nelson Makengo completes the trio with his short film Up at Night interpreted in an installation and still captures. The film that has already won several awards in the festival circuits documents daily life in the capital city of Kinshasa, where lights are outside the posh parts of the center when the sunsets. Electricity is scarce, and life operates on a very different platitude when darkness monopolizes half of one’s waking hours.

“It is very noteworthy how these artists managed a dynamic conversation on the relationship between the different cities and yet paint a picture as a whole of their country,” says founder of the gallery Matthew Noble. Noble had always had a strong affinity for the African continent and was developing this exhibition with Atelier Picha, when Luca Attanasio, the Italian ambassador to Congo was assassinated early this year. “It was a natural decision to dedicate this show to him as he was a big supporter of the arts and cultural sectors,” Noble explains.

“We hope that these ascendant narratives on documenting the creative and social culture of the continent will find its place here in Italy and that we can continue to perpetuate this representation in the seasons to come,” says Alice Previtali, co-director of the gallery.

The exhibition was conceived in collaboration with guest curator Angelica Litta Modignani and accompanied by a critical essay by the president of Atelier Picha, Jean Katambayi Mukendi, “[…] It is in this context that Nelson, Georges, and Pamela evolved separately before fate aligned them in this triumvirate exhibition. Makengo, Senga, and Tulizo, indeed all photographers, scrutinize society through algorithmic approaches that are declined respectively in social proximity, in temporal investigation, and in fiction-gender”.


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